Il medioevo riserva brutte sorprese per l’isola. Si verificano infatti alcune, anche se brevi, apparizioni da parte dei barbari, in particolare Vandali e Ostrogoti: i primi nel 466, sotto il comando di Genserico, tengono l’isola per circa un decennio; mentre i secondi fanno il loro ingresso nel 492 d.C.

A seguito di queste vicissitudini e del passaggio di testimone da un popolo all’altro, si verifica una situazione di instabilità non solo politica ma anche economica che spinge le popolazioni native dell’isola a muoversi verso l’entroterra, determinando un graduale spopolamento delle città.

Medioevo

Durante il Medioevo, una nuova dominazione è, però, dietro l’angolo: i bizantini dell’Impero Romano d’Oriente. Nel VI sec. d. C., infatti, la Sicilia diventa provincia bizantina, con Siracusa sede dello stratega imperiale. Si assiste, così, a un nuovo periodo di sfruttamento, un aspro fiscalismo, alla decadenza di ogni attività culturale. Dopo la morte dell’imperatore Costantino, avvenuta nel 337, si determina la scissione dell’impero romano: quello d’occidente con Roma capitale e quello d’Oriente con capitale Bisanzio. Ma è solo nel 535 d.C. che la Sicilia viene annessa all’impero d’Oriente (quello d’Occidente è nel frattempo caduto nel 476) a seguito di una spedizione guidata dal generale Belisario e autorizzata dall’imperatore Giustiniano.

Grazie alla sua posizione strategica, la Sicilia diviene oggetto di attenzione da parte dell’imperatore Costante II che trasferisce a Siracusa, capitale della provincia, molti dei suoi uffici, la corte e tutti i centri di potere che erano presenti a Costantinopoli. L’obiettivo è quello di risalire la penisola e riprendere possesso di Roma, estromettendo i Longobardi. Nel 668 d.C. viene, però, assassinato l’imperatore e con lui muore ogni progetto e mira espansionistica; tanto che, dopo la sua morte, Costantinopoli torna a rivestire la sua antica importanza ricoprendo nuovamente il ruolo di capitale dell’impero.

Durante il Medioevo, a parte le alterne vicende politiche, l’isola mantiene una sua vitalità artistica in qualche modo indipendente dal mondo bizantino. Bisogna ricordare, infatti, che la concezione artistica bizantina, in linea con tutta la visione del periodo medievale, non era molto legata alla tridimensionalità o alla verosimiglianza con l’oggetto da rappresentare (cosa che invece costituirà il carattere fondamentale del successivo periodo rinascimentale): l’arte non come elemento di suggestione, ma come strumento di comunicazione di una realtà metafisica e trascendentale che in quanto tale non può essere “realmente” raffigurata; si tratta di immagini sacre, fisse e immobili, evidentemente non umane, la cui manifesta astrazione comunica la loro stessa natura, cioè l’Assoluto. Assenza di prospettiva, di movimento o espressioni del volto rendevano le opere lontane dalla realtà terrena e proprio per questo proiettate al divino. Tutto questo, unito al sempre maggiore affermarsi di una mentalità iconoclasta (che giungeva persino alla negazione della rappresentazione del divino), spinse molti artisti a trovare ristoro in Sicilia: qui si mantiene una certa indipendenza artistica dall’impero così da consentire una discreta attività (nascono diversi santuari e piccole chiese e monasteri nei quali esperti amanuensi si dedicano alla preziosa opera di copiatura e rilegatura di testi antichi).

 

ARABI (VIII sec):

Durante il Medioevo, si verifica altresì lìinvasione della Sicilia da parte degli arabi. Questa viene anticipata dall’occupazione di due importanti avamposti: Malta e Pantelleria. Successivamente nel breve lasso di tempo che va dal 827, anno in cui sbarcano a Mazara, e l’842 gli arabi occuperanno Palermo (831) e Messina (842), punti cardini dell’isola; poi la loro sciabola scaglierà i propri colpi lungo la parte meridionale (Ragusa, Modica) per poi risalire l’entroterra e occupare Enna. Poi sarà la volta di Noto, Siracusa e, nel 900, Catania così che quasi tutta l’isola sarà sotto la loro egemonia, ad eccezione della parte settentrionale, unica roccaforte bizantina. La dominazione araba in Sicilia, si protrarrà per circa un secolo e mezzo (fino al 1040).

In questo frangente, vengono praticate nuove e più moderne tecniche di colture, vengono introdotti agrumi, cotone, gelso, pianta da zucchero, viene migliorato e reso efficiente il sistema idrico, smantellato il sistema del latifondo e ripopolate le campagne; i riflessi della cultura araba si riverberano anche nel tessuto sociale: nascono numerose scuole coraniche e trecento moschee nella sola Palermo, la quale diventa capitale dell’Islam e punto di riferimento per gli studiosi più importanti. Dal punto di vista strettamente artistico, però, ben poco sopravvive ai nostri giorni: la loro eredità riguarda, infatti, la pianta di alcune città del palermitano che richiamano il modello di città araba (riguardante quindi l’urbanistica) e i “bagni” di Cefalà Diana.

Bisogna ricordare, comunque, che anche nella successiva fase normanna, molti elementi di tradizione araba sopravvivono e si ripercuotono sul tessuto sociale e culturale dei siciliani: dall’architettura ai costumi.

NORMANNI:

Siamo nell’XI secolo d.C. quando un nuovo conflitto scoppia sul territorio siciliano e decreta la conquista dell’isola da parte di una nuova popolazione: i Normanni.

La loro entrata in scena viene avvantaggiata dal Pontefice il quale configura loro lo status di vassalli e gli riconosce diritti feudali sull’isola. La loro espansione vede la discesa della penisola e lo sbarco a Messina: vengono sottomesse dapprima le città costiere e viene subito espugnata una città importante come Catania. Ma è nel 1091 con la conquista di Noto, dopo la presa di Enna e Palermo, che l’intera isola è controllata.

Da ricordare la bolla papale del settembre del 1130 con la quale Papa Anacleto II, in un momento politico delicato e in cambio di protezione militare, riconosce al Duca Ruggero II il titolo di Rex Siciliae, successivamente contestato.

Essi ebbero il merito, al pari degli Arabi, di mantenere le precedenti istituzioni, di assicurare una certa libertà in campo sia politico sia e soprattutto artistico e religioso. Per questo l’arte siciliana si configura come sintesi di tre differenti correnti: bizantina, araba e normanna.

E’ necessario, però, ricordare il contesto politico in cui si trova l’intera penisola, campo di battaglia aperto alle mire di Papi e Imperatori. Nonostante ciò, sotto la dominazione Normanna, la Sicilia risulta essere lo stato più florido e forte: occupa alcuni territori africani, cerca di forzare lo stretto dei Dardanelli, combatte con l’ideale di un impero cristiano. Ma tutto è come sempre soggetto alla forza erosiva del tempo. Con la morte di Federico II la sorte muta e si assiste a un nuovo decentramento, alla designazione di Napoli come capitale dell’impero e a un nuovo malessere dovuto alle ingenti tasse. Ma anche a livello culturale, si verifica una forte ostilità a causa della componente arabo-islamica a tutto vantaggio e dominio di quella greco-latina.

Fra le opere più importanti realizzate in questo periodo ricordiamo la cattedrale e il Palazzo Reale di Palermo e la Cattedrale di Cefalù, la residenza reale della Zisa all’interno del parco reale del Genuardo, la Cuba e la Cattedrale di Monreale (mosaici noti in tutto il mondo).

SVEVI, ANGIOINI, ARAGONESI:

L’ultimo periodo del Medievo Siciliano, riguarda la fine della dinastia normanna la quale cessa per mancanza di discendenza e consente l’ingresso nella scena politica agli Svevi. Infatti l’ultimo sovrano, Guglielmo II, in mancanza di eredi maschi, consente il matrimonio della propria figlia Costanza d’Altavilla con Enrico VI di Svevia, figlio di Federico Barbarossa, consentendo di fatto l’ingresso in Sicilia della dinastia sveva. Dal loro coniugio nel 1194 nasce Federico II il quale, prima di assumere le redini del regno, è costretto ad attendere la maggiore età e a coadiuvare la madre che, di fatto, è l’unica sovrana assieme al pontefice Innocenzo VIII. Assumerà il titolo di re di Sicilia e di Germania e nonostante il titolo tedesco, si dedica prevalentemente alla fortificazione dell’isola, alla costruzioni di roccaforti difensive e castelli, segno dell’importanza che la Sicilia ebbe nella sua vita, al punto da concentravi la propria residenza fissa. Noti sono il castello di Augusta e Salemi e, soprattutto, il castello Ursino di Catania e il Maniace di Siracusa: strutture nelle quali si ritrova un equilibrato compromesso fra le esigenze difensive e l’eleganza e il lusso che contraddistingue le dimore del sovrano.

Durante il periodo federiciano anche la cultura e l’arte hanno la loro parte: soprattutto in ambito letterario si verifica una nuova primavera, soprattutto ad opera della “Scuola poetica siciliana”.

Con la morte di Federico, e a parte la breve parentesi del figlio Corrado IV (re di Sicilia dal 1250 al 1254) si appresta alla fine anche il periodo svevo e si apre quello degli Angioini.

Infatti nel 1958 sale al trono Manfredi, figlio naturale di Federico II, che a causa delle sue intenzioni espansionistiche e delle sue mire di ricondurre tutta l’Italia sotto il suo dominio, riceve la scomunica del Pontefice. Quest’ultimo, anche per tutelare lo stato pontificio, assegna la corona di Sicilia a Carlo d’Angiò, francese e guelfo, fratello di San Luigi re di Francia, il quale parte alla conquista dell’isola. Nel 1265 Carlo riceve dal nuovo Papa Clemente IV il titolo di Re delle due Sicilie, mentre l’anno successivo ne diviene di fatto sovrano avendo sconfitto Manfredi nella battaglia di Benevento (26 febbraio 1266).

Così si istaura in Sicilia una situazione parallela alla Firenze divisa dalle avverse fazioni guelfe e ghibelline: da una parte i Paterini, i siciliani seguaci di Corradino (figlio di Corrado di Svevia), dall’altra i Ferracani, sostenitori della nuova dominazione angioina. Corradino, sconfitto da Carlo d’Angiò, viene fatto processare e decapitare nel 1268 nella piazza del mercato a Napoli, decretando definitivamente la fine dell’impero.

L’attaccamento della popolazione agli Svevi si evince anche dalla Guerra del Vespro (1282-1372): insurrezione popolare scatenata dal forte malcontento per Carlo d’Angiò e la sua aspra politica fiscale per il finanziamento delle sue campagne militari in Terra Santa.

Il 31 marzo del 1282, all’ora del vespro (pomeriggio), è la condotta di un soldato francese che scatena la rivolta destinata a estendersi a tutta la Sicilia. Si pensa, infatti, che durante un controllo, per verificare la presenza o meno di armi, il soldato avesse toccato la fanciulla provocando la reazione del fidanzato; o più semplicemente avesse posto in essere una condotta irrispettosa nei confronti della giovane, scatenando la reazione del fidanzato e dei genitori. La solidarietà della popolazione fu immediata: un giovane che aveva assistito alla scena, proprio durante i rintocchi della campana che scandiva l’ora del vespro, uccise il soldato che si era macchiato di quel gesto così irrispettoso.

La rivolta coinvolse l’intero esercito francese presente a Palermo e nel giro della stessa notte la città venne proclamata libera e indipendente. Al pari di ciò che avverrà nella Francia rivoluzionaria del 1897, la protesta per la libertà si estese a tutto il territorio.

Dopo un primo tentativo diplomatico da parte di Carlo d’Angiò di ristabilire l’ordine attraverso la promessa di concessioni e diritti, comincia il conflitto che vedrà i siciliani riunirsi sotto la guida degli aragonesi, in particolare sotto l’egida di Pietro III d’Aragona, sposo di Costanza, figlia di Manfredi, il quale si proclama re di Sicilia il 30 agosto 1282 a Palermo. Anche da questa scelta, si evince l’attaccamento del popolo per la dinastia sveva di cui Costanza era discendente.

Comincia in questo modo una lunga guerra fra le opposte fazioni che si protrae fino al 1372 e che viene ricordata come la guerra dei Novant’anni. La guerra può essere scissa in tre fasi (chiuse dalle paci di Caltabellotta, Catania e Avignoneche), nelle quali si assiste, dapprima a un temporaneo riconoscimento del dominio sulla Sicilia da parte degli aragonesi stipulato da Carlo II d’Angiò e Federico III d’Aragona, e poi dal successivo passaggio che segna la definitiva separazione della Sicilia dal regno di Napoli (distacco che durerà fino al 1816, anno in cui verrà costituito il Regno delle due Sicilie ad opera della dinastia dei Borboni).